Chiese storiche del Litorale

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Chioggia 2012 (in coedizione), pp 122

Descrizione

chiese-storiche-del-litoraleNota introduttiva

Se Chioggia può considerarsi come città anfibia, Pellestrina gode da sempre della sua insularità. Vista dall’aereo appare come un nastro di case, adagiato nella laguna da sud a nord: dal porto di Chioggia a quello di Malamocco. Di fatto è un’isola lunga circa undici chilometri e larga dove trenta, dove cento, dove duecento metri o poco più. Fa parte delle dodici isole che caratterizzano il litorale ve- neziano; nata dai detriti sedimentari, veicolati attraverso la biforcazione terminale del fiume che i Romani chiamavano Medauco e che noi chiamiamo Brenta (sfociante in antico più a nord nella laguna). In anni remoti l’isola era probabilmente un nastro di terra più largo -il fianco a mare fitto di boscaglie e vigneti, progressivamente erosi da maree e mareggiate – finché gli abitanti impararono a creare le ‘palàe’ ossia argini di palafitte riempiti di sassi, per rallentare il processo di erosione. L’isola comunque costituisce per il mare una barriera, che concorre a circoscrivere e a salvaguardare Venezia e il grande teatro della laguna.

Vitruvio nel suo De Architectura celebra la salubritas delle lagune costiere dove all’acqua dei fiumi si mescola quella del mare con dosaggio di equilibrio che facilita la vita alla fauna marina e crea un clima mite. All’inizio dell’età imperiale – nella zona che va da Ravenna ad Altino – alla via marittima di navigazione si affiancava quella endolagunare, che nell’ultimo tratto settentrionale s’insinuava attraverso la Fossa Clodia nell’attuale laguna e proseguiva -lambendo la cordonata insulare da ovest -fino a raggiungere Altino.

Attualmente Pellestrina si estende compatta dal porto di Chioggia al porto di Malamocco. Parecchi secoli fa invece era divisa in due porzioni da quello che è stato poi denominato il Porto-Secco: con il nome di Pellestrina si indicava l’isola di meridione, mentre l’isolotto più piccolo che si affacciava al porto di Malamocco era noto con il nome di Albìola. Con l’imbonimento del porto di Pastene (antico nome del porto che le separava), alla fine del Medioevo (1450 ca.), si formò un’unica realtà territoriale e sociale.

Anche queste isole, come le altre della laguna cominciarono a essere popolate sulla metà del V secolo, in occasione delle incursioni degli Unni di Attila, che seminando terrore obbligavano la popolazione dell’entroterra a cercare scampo nelle zone impervie lagunari. L’esodo dall’entroterra – soprattutto padovano – s’intensificò con l’invasione dei Longobardi di Alboino nel 568. Ma nell’809 i Franchi di Pipino in guerra contro Venezia saccheggiarono e devastarono questi luoghi per fiaccare la resistenza delle popolazioni. Giunsero fino ad Albìola, non riuscendo a occupare Malamocco.

Nel 900 furono gli Ungheri a seminare distruzione nel distretto lagunare: la difficoltà a superare i porti li trattenne a lungo in laguna, che perciò divenne teatro degli scontri in cui la vittoria – il29 giugno – arrise a Venezia. Ci fu la ripresa grazie al rilancio dell’economia del sale, che venne rallentata solo in parte dalla traslazione della sede episcopale da Malamocco a Chioggia nel 1110.

Ai tribuni di epoca longobarda erano succeduti i gastaldi (1110), ai gastaldi i podestà (1339) con giurisdizione su Malamocco e Pellestrina: furono questi a guidare la rinascita del paese.

Purtroppo la guerra tra Genovesi e Veneziani (1378-81) – combattutasi nella laguna per il predominio dei traffici verso l’Oriente – portò sull’isola nuove devastazioni e rovine. Anche in questa congiuntura storica la tenacia degli abitanti seppe far rifiorire il deserto: le quattro principali famiglie – Busetto, Scarpa, Vianello e Zennaro – sotto i podestà di Chioggia (cui l’isola era stata annessa alla fine del Trecento per volere del Senato) ripopolarono il territorio nei quattro ‘sestieri’ che lo contrassegnano tuttora da sud verso nord.

Fino al Cinquecento sull’intera isola esisteva la sola parrocchia di Ognissanti; aumentando però i residenti, aumentarono anche le comunità cristiane strutturate attorno alle loro rispettive chiese. Nel 1573 fu creata la parrocchia di S. Pietro in Volta, nel 1723 quella di Portosecco e nel 1874 quella di S. Antonio. Dopo l’apparizione della Vergine sull’isola (1716), il Senato Veneto fece sorgere il candido tempio del Tirali nel territorio giurisdizionale di Ognissanti.

Nel Settecento Venezia, preoccupata della sua esistenza che era affidata a palizzate di legno e sassi, decretò per la cordonata lagunare la costruzione dei ‘murazzi’ – dighe ciclopiche di massi d’Istria, alte da tre a quattro metri – contrapposti alla forza del mare per la lunghezza di circa 25 chilometri. Sul progetto dell’abate Coronelli, perfezionato da Bernardino Zendrini, i lavori iniziarono nel 1744 e si protrassero fino al 1751. Poi ripresero e nel 1783 si completò il tratto di ‘murazzi’ da Alberoni a Lido: Ausu romano, aere veneto, opera appunto degna dell’ardimento romano, realizzata con finanziamento veneto.

Alla caduta della Repubblica nel 1797, l’Austria aggregò Pellestrina a Chioggia, sotto la cui giurisdizione l’isola restò per una decina d’anni, fino al 1807, quando fu dichiarata Comune autonomo. Ma nel luglio 1923 con delibera unanime del Consiglio comunale di Venezia l’isola venne cooptata al territorio veneziano. Gli abitanti avrebbero ambito anche passare sotto la giurisdizione del Patriarcato di S. Marco: una prima richiesta in questo senso fu avanzata dai laici, interessando il patriarca Pietro La Fontaine (1925); successivamente nel 1955 la petizione fu spedita alla Congregazione dei Riti, dissenzienti i parroci (ADC, Faldone Ognissanti-Santuario, cartella n 2). Inutilmente. L’isola rimane parte viva della diocesi clodiense, entro il cui territorio si configurava già dal secolo IX, quando cioè la sede episcopale era stata istituita nell’antica Malamocco.

Pellestrina condivide con Chioggia la scuola, il mercato, la pesca, alcune devozioni; e ospita un popolo fiero della sua identità e delle sue molteplici tradizioni religiose. Il vivere dove l’abbraccio della terra con il mare si confonde in acque salmastre non attenua il dinamismo interiore, semmai accresce l’orgoglio paesano e rende più grintosa la fede.

Giuliano Marangon

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