Jacopo Nacchianti un vescovo riformatore (Chioggia 1544-1569)

15,00

Chioggia 1993, pp. 228

Descrizione

3. jacoponacchiantiINTRODUZIONE
Il ritrovamento fortuito di un processo inquisitorio, sconosciuto a studiosi come il Buschbell, il Carcereri e lo Jedin, inerente alla persona del vescovo Giacomo Nacchianti, ha sollecitato il mio interesse a studiare questo tipo di pastore. Il Nacchianti era servito finora a dar credito ad uno schema astratto e tipizzante, usato dagli storici del concilio di Trento, tra i quali ci fu chi lo inserì tra i corifei della riforma cattolica, come l’Alberigo, e chi, invece, lo pose tra gli eretici, come lo Jedin e il Buschbell.
Il Nacchianti si presentava come un personaggio degno di particolare attenzione; di qui la necessità di verificare, in una ricerca concreta, la validità di concetti e di categorie generali, al di là di ogni intento puramente celebrativo.
La consultazione di documenti, conservati nell’archivio vaticano e nell’archivio di stato di Venezia, e degli Atti del suo episcopato, giacenti negli archivi della curia e del comune di Chioggia, è servita a mettere in luce la sua attività pastorale, tesa a rendere funzionanti i tradizionali strumenti di direzione episcopale e a rinnovare, in qualche modo, l’esempio degli antichi vescovi, con una presenza vigile e intelligente in mezzo al popolo.
Egli seppe andare al cuore dell’idea di riforma, intesa come re-for-matio, o ritorno a una forma originaria. In questo senso il Nacchianti, rinnovando consapevolmente l’esempio dei vescovi della Chiesa primitiva, toccava un tasto fondamentale delle aspirazioni di riforma e colmava un vuoto che non potevano riempire né oratori del divino Amore, né congregazioni di chierici regolari.
Definire il Nacchianti un innovatore dei metodi pastorali, non è cogliere il contenuto specifico del suo ministero. La sua originalità e la sua impronta sono tipiche del riformista più che del controriformista; in altre parole, egli si mosse all’interno delle contingenze storiche con spirito nuovo, senza pressioni dall’esterno e senza falsi timori e sospetti. Invano si cercano nel Nacchianti iniziative particolari di conduzione pastorale, che escano dai limiti delle visite pastorali e dei sinodi. Per cogliere il tratto specifico della sua pastoralità bisogna osservarlo nella vita di ogni giorno, quando tratta con i canonici o con i notabili della città, quando commenta il gesto della donnetta che accende i lumi davanti all’altare dei santi, o quando riprende i canonici che contestano la legge del celibato.
La sua pastorale s’avvalse dei mezzi dettati dall’esperienza secolare della Chiesa, della preparazione culturale e teologica, e della ricchezza del suo carattere vivace e poco arrendevole; in una parola, dell’impiego totale della persona.
L’altra categoria della storiografia tridentina, cui ho accennato, accosta la figura del Nacchianti a certi gruppi ereticali nostrani. Il suo nome compare nelle lettere che Dionisio Zanettini, detto il Grechetto, scrisse da Trento al cardinale Farnese, durante la discussione del decreto sulla giustificazione. Specialmente durante la prima fase del Concilio, il vescovo di Chioggia fu guardato con acuto sospetto e osteggiato apertamente, per le sue posizioni radicali in materia di tradizioni ecclesiastiche. Fu oggetto di due inchieste inquisitorie, prima da parte di Roma e poi da parte del tribunale di Venezia, ma non ci fu alcuna condanna, stando alle notizie che ci sono pervenute, ed è abbastanza chiaro che le accuse ed i sospetti a suo carico dovettero essere dettati dalla vendetta dei canonici, che il vescovo voleva tener in regula, e dall’incomprensione degli altri testimoni riguardo alla sua persona e alla sua dottrina.
Con tutto ciò il Nacchianti continuò indisturbato fino alla morte (1569) la sua attività pastorale.
L’intento del presente lavoro è quello dunque di tracciare la storia del personaggio, nel duplice aspetto di pastore e di riformatore, sostituendo, nella misura del possibile, ad una terminologia generica e astratta, la conoscenza di fatti e di persone, con l’aiuto delle fonti, quelle note e quelle – molte – finora ignote, che ho potuto reperire.
Uno studio attento ed un’analisi specifica meriterebbero gli scritti teologici e filosofici del Nacchianti. I brevi saggi, qui richiamati per il loro interesse pastorale, sono sufficienti a dimostrare la sua straordinaria cultura biblica e l’acuta profondità del suo pensiero.
Un grazie agli amici e ai cultori di studi storici che hanno sollecitato questa pubblicazione. L’argomento, già trattato nella mia tesi di laurea, è stato, in parte, rielaborato ed arricchito di alcuni documenti.
L’Autore

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