Marmi e ceramiche del Museo diocesano di Chioggia

10,00

Giuliano Marangon 

Chioggia 2011, pp. 124

Descrizione

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Così com’è, il Museo diocesano d’Arte sacra è nato grazie a un progetto sviluppato dal vescovo Angelo Daniel (1998-2008), il quale ha voluto dare compimento all’intuizione balenata al suo predecessore, mons. Alfredo Magarotto. Questi infatti nel 1996-1997 aveva fatto restaurare le quattro sale dell’episcopio al piano terra, nell’ala di ponente, pensando che lì e nell’attigua ‘Sala Piasentini’ si potessero concentrare opportunamente le testimonianze della storia religiosa della città di Chioggia. Promosso però alla nuova sede di Vittorio Veneto nell’estate 1997, non poté dar seguito al progetto di allestimento.
Tuttavia l’iniziativa del vescovo Magarotto non finì nel vuoto: nel 1998 fu assunta dal successore mons. Daniel, che intese conferire al Museo, già pianificato in embrione, il respiro della diocesanità. Per fare questo, occorreva un contenitore molto più ampio. Di qui l’idea di rimpicciolire perimetralmente il parco del Palazzo Vescovile, creando un ambiente a forma di chiostro, da collegare con le stanze dell’episcopio risanate da mons. Magarotto.
La dilatazione degli spazi ha consentito perciò di avere a disposizione 650 mq per il percorso espositivo (aggiunti agli altri 177,50 mq del portico rivolto all’interno), cioè un edificio sufficientemente arioso: un chiostro in grado di competere in eleganza con la facciata occidentale del Palazzo Vescovile. 
Per portare a termine l’impresa occorsero circa due anni di lavoro, dal 1998 al 2000. Dapprima il disegno planimetrico del progettista e direttore dei lavori arch. Renzo Ravagnan, poi l’appalto all’Impresa Pouchain di Roma, quindi i lunghi mesi di lavoro ininterrotto. Lo scultore americano Peter Rockwell all’inizio del 1999 si portò a Chioggia e ideò i bozzetti per i capitelli delle colonne, i mascheroni e le grottesche, destinati a impreziosire il nuovo edificio. La parte scultorea, iniziata il 7gennaio 1999, fu ultimata nel giro di alcuni mesi, grazie anche alla collaborazione degli scalpellini chioggiotti Roberto Bertotto e Rinaldo Crosara. Alla fine del 1999 il contenitore museale era praticamente finito e venne benedetto il 25 marzo dell’anno santo 2000.

Nell’impianto di base e nella scelta dei materiali l’arch. Ravagnan volle evidenziare la continuità con il passato, sia pure interpretandolo con linguaggio moderno. La scelta fu sostenuta e portata avanti dalla Fondazione “Santi Felice e Fortunato”, presieduta da mons. Pietro dr. Mozzato. Nell’arco degli ultimi dieci anni il Museo si è arricchito di materiali lapidei e di sculture varie, sia nella fase d’allestimento (2000-2002) sia durante l’inventariazione informatica dei beni mobili della diocesi (2005-2008): vi sono confluite iscrizioni che erano disperse, dimenticate o a rischio di sfregio.

Vi sono confluite statue che giacevano in depositi obsoleti, e ancora – per benevola concessione della Soprintendenza competente – il materiale lapideo abbandonato nel tempo e trovato mentre si attendeva all’impianto del chiostro museale, come anche altro materiale archeologico – scaturito dagli scavi successivi nella zona del Perotolo e del Sagraéto – che la Soprintendenza, dietro suggerimento del dott. Francesco Cozza, ha ritenuto opportuno affidare alla custodia dello stesso Museo. Si è pensato di valorizzare pure la modesta raccolta di ceramica, proveniente soprattutto dal Seminario diocesano e in parte anche dal Palazzo Vescovile. È giunto il tempo di esaltare tali manufatti che, oltretutto, coprono un arco temporale di circa 2300 anni e danno voce a brandelli della nostra storia.

25 marzo 2011

Giuliano Marangon

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