Un genio dell’arte Aristide Naccari

AA. VV

Ideatore e coordinatore del progetto Giuliano Marangon,

Ed. Fondazione “Santi Felice e Fortunato”, coeditrice “Nuova Scintilla”, Chioggia 2014, pp. 254.

Descrizione

ungeniodellarte-aristide-naccariUn nostro volume sull’artista chioggiotto Aristide Naccari

La figura del personaggio presentato in questo libro non ha travalicato di molto né in vita né in morte gli ambiti locali, al contrario, invece, di un Dondi, di un Olivi, di un Sabbadino… Ciò forse per la innata modestia del personaggio o forse per un’inadeguata valorizzazione che è stata data allo stesso e soprattutto alle sue opere (il suo nome figura solo in enciclopedie “specializzate”). La lacuna si spera possa essere colmata da questo libro, uscito nei giorni scorsi, in occasione del centenario della morte del prof. Aristide Naccari, dal titolo “Un genio dell’arte: Aristide Naccari (1848-1914)”, un “genio” – si può ben usare il termine – di origine chioggiotta, nato e morto a Chioggia. Il volume, piuttosto ponderoso e ricco di molti contributi, alcuni particolarmente interessanti, fa seguito ad un altro, forse meno “impegnativo”, sullo stesso artista, ma più “discorsivo”, pubblicato nel 1988 dal nostro collaboratore Ruggero Donaggio.

Il libro, con la prefazione di S. Ravagnan, è corredato da centinaia di illustrazioni (stampe, autografi, riproduzioni di acquerelli e di oli, schizzi, progetti, ecc. ecc., quasi tutti conservati nel locale Museo Diocesano) che rivelano un fervore ed un attivismo piuttosto intensi da parte del Naccari, che forse molti a Chioggia ricordano solo per la progettazione dell’urna dei Santi Patroni, richiestagli nello “storico” incontro avvenuto fra lui e il vescovo Lodovico Marangoni a Vicenza nel settembre del 1903 in occasione della celebrazione del XVI centenario del martirio dei nostri Santi (in comune con la chiesa di Vicenza). Si racconta, infatti, che non appena “l’augusto vegliardo (il vescovo, ndr) vide i suoi diocesani, di scatto disse al prof. Naccari (cfr. F. Pagan, “Spunti di storia ecclesiastica clodiense”, Chioggia, 1935, p. 153): «Ha visto come fu messa qui la parte delle ossa dei nostri Santi? Anch’io voglio fare altrettanto. Ma Lei, professore, mi disegnerà un’urna assai più bella, che voglio far eseguire tutta in argento per portarla nelle processioni. Si ricordi di far presto, prima ch’io muoia, e di non farmi una gabbia come questa!»” (con chiara allusione all’urna fatta costruire dalla comunità vicentina di S. Felice, ndr).

Si diceva: tutti interessanti i vari contributi degli “esperti” (R. Donaggio, D. Memmo, L. Scarpante, G. Duse, G. Vianello, P. Padoan, S. Piva, P. Bellemo, G. Aldrighetti) che spaziano su vari “campi” dell’arte e dell’attività del Naccari, “la cui figura di architetto, ingegnere, restauratore, grafico e disegnatore concorrerà a rinsaldare in Città i vincoli con la cultura, a incoraggiare gli appassionati dell’arte e potrà stimolare anche gli alunni delle nostre Scuole ad acquisire competenze per interloquire costruttivamente nel tessuto della nostra società”, come ha scritto nell’introduzione il sindaco di Chioggia, avv. Giuseppe Casson, con cui condividiamo anche noi gli ottimistici auspici, perché il libro non merita certo di finire “catalogato” sugli scaffali tra i tanti conservati nelle biblioteche civiche del Veneto.   (Angelo Padoan)

 

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